Valentina Cognini x ALL in

Intervista di Susanna Ascia

Ciao a tutti, sono Susanna e non entro in un archivio di moda da troppi giorni. Sì, avete capito bene. La mia sembra quasi un’ossessione, quella di ricercare e scovare pezzi storici, parlare del passato, dal più remoto al più recente. Una realtà di cui si parla troppo poco, soprattutto in Italia.

Oggi vorremmo approfondire la questione e per farlo abbiamo rintracciato uno dei profili più interessanti del settore, una fashion archive specialist, Valentina Cognini. Laureata in Conservazione e Gestione dei Beni e delle Attività Culturali a Venezia, è stata successivamente accettata all’École du Louvre, scuola di alta formazione in storia dell’arte e studi curatoriali del Museo del Louvre.

Raccontaci un po’ di quel periodo. Era il mio sogno!Lì, mi sono specializzata in Museologia applicata alle collezioni di moda e costume, un ambito molto particolare di cui non avevo mai sentito parlare fino a quel momento. Nel giro di poche settimane, mi sono appassionata alla storia della moda e alle sfide del confronto museale tra moda e arte. Ho condotto due tesi di laurea magistrale. Una era dedicata a un’analisi dell’allestimento della prima mostra temporanea del Museo Yves Saint Laurent. La seconda mirava a una ricostruzione storica di più di venti mostre dedicate a partire dagli anni Ottanta al couturier Azzedine Alaïa, sotto la supervisione di Olivier Saillard. Ho concluso il mio percorso di studio all’École du Louvre con uno scambio internazionale a New York, al Bard Graduate Center, un centro di ricerca dedicato allo studio del ruolo delle arti decorative e della cultura tessile nella società. Lì ho potuto ampliare lo spettro delle mie ricerche e dedicarmi in maniera più approfondita alla moda e al ruolo che essa riveste nelle collezioni dei musei.

Tutto ciò è accaduto pochi anni fa, durante il periodo pandemico, come sei riuscita a farti notare? Ho arricchito il mio percorso con esperienze di stage presso il Museo della Città di New York e l’Archivio Storico Gianfranco Ferré. Ma appunto mi sono laureata durante il tanto temuto lockdown ed era difficile pensare a delle future prospettive in quel momento. Tuttavia, ho iniziato a lavorare come consulente per il progetto dell’archivio digitale di Bulgari. Così ho realizzato quanto i programmi di database e le piattaforme online fossero fondamentali per permettere una corretta organizzazione e indicizzazione del patrimonio culturale. Allo stesso tempo, ho iniziato a lavorare per il progetto Romaison, curato da Clara Tosi Pamphili e promosso dal Comune di Roma. L’obiettivo era di raccogliere per la prima volta in un’unica piattaforma i costumi conservati nelle sartorie che avevano fatto la storia del cinema a Roma. Abbiamo censito abiti apparsi in film come Salò o le 120 giornate di Sodoma, Edipo Re, Uccellacci e uccellini, Barbarella, il Satyricon. Di lì a breve ho iniziato un percorso come assegnista di ricerca al Politecnico di Milano, dove mi sono occupata dello studio e della valorizzazione dell’archivio Gianfranco Ferrè. In ultima battuta, sono approdata all’Archivio Storico della Maison Valentino, dove ho potuto confrontarmi con il lavoro di un brand tuttora attivo.  Oggi, dopo un semestre come docente del corso di “Fashion and Costume Archives” presso la NABA di Roma, inizio un nuovo ruolo come responsabile dell’archivio storico della Maison Roger Vivier.

Hai nominato più volte la parola archivio, digitale e non, ma se dovessi spiegarlo in parole povere come faresti? Per dare una corretta risposta, dovrei citare un’interessante definizione recentemente emersa durante il convegno “Archiving Fashion”, organizzato dal Fashion Institute of Technology lo scorso 11 novembre, la quale diceva che l’archivio di moda è un immenso “pantano”, un ibrido tra un museo e il patrimonio di un avido collezionista con un pizzico di magia. Penso che questa definizione ben restituisca la poliedricità di questo genere di archivio. A differenza di altri, gli archivi di moda sono costituiti da raccolte di diversi materiali che non per forza seguono sempre un’organizzazione scientifica. Inoltre, molti di loro non includono solo abiti storici o contemporanei ma anche accessori, tessuti, fotografie, schizzi, documenti. Si tratta di un cosiddetto “mare magnum” che può avere diverse forme e dimensioni, oltre che a diverse vocazioni e focus. Ogni forma di archivio ha politiche di conservazione diverse, oltre che a funzioni e applicazioni che vanno da mostre e eventi a shooting fotografici. Ancora oggi è difficile immaginare un’unica forma di archivio valido per tutti.

A tal proposito, quali sono secondo te gli archivi che bisognerebbe assolutamente conoscere? Secondo me la cosa più interessante è conoscere le diverse forme di archivio. Oltre ai più famosi archivi di brand non bisogna dimenticare gli importanti fondi conservati nelle collezioni di grandi e piccoli musei. Tra questi, il Victoria and Albert Museum di Londra,il quale possiede un vasto archivio di moda ed è fondamentale perché si tratta del primo museo che ha esposto la moda in quanto patrimonio culturale. Inoltre, vengono regolarmente organizzate rassegne tematiche di forte attrattiva e capaci di richiamare un grande pubblico. L’esempio più evidente è l’ultima mostra dedicata a Coco Chanel, Fashion Manifesto. A pochi giorni dall’inaugurazione, la retrospettiva è stata dichiarata sold-out. Fenomeno sicuramente raro per qualsiasi mostra. Tra i più celebri archivi di moda va sicuramente citato il Costume Institute del Metropolitan Museum di New Yorkche conta oltre 35.000 capi di abbigliamento e accessori. Ogni anno, il Metropolitan organizza una grande mostra dedicata alla moda (la prossima si intitolerà Sleeping Beauties: Reawakening Fashion), e il tanto celebre Met Gala con lo scopo di raccogliere fondi per il Costume Institute. Per quanto riguarda l’Italia, invece, la collezione più importante è quella del Museo della Moda e del Costume di Palazzo Pitti, fondato nel 1983. Per quanto riguarda i brand, invece, imprescindibile in Italia è l’Archivio storico Salvatore Ferragamo che ha iniziato a catalogare prima di tutti, in seguito alla retrospettiva dedicata al “calzolaio dei sogni” nel 1985 a Palazzo Strozzi. Si tratta di una delle poche realtà in Italia ad avere uno spazio museale dedicato, che offre non solo interessanti mostre temporanee ma anche una programmazione rivolta al pubblico. Inoltre, il loro spazio di archivio è stato recentemente restaurato, con un occhio di riguardo anche a ricercatori e studiosi desiderosi di consultare i modelli storici più importanti. Sempre tra i brand, penso che l’Archivio di Gianfranco Ferré sia un esempio cardine su come coniugare ricerca, innovazione e storia della moda. L’archivio, interamente digitalizzato e perfettamente conservato, è oggi un centro di ricerca che offre il proprio supporto a giovani ricercatori e studenti nello sviluppo di tesi di laurea e progetti. Inoltre, grazie alla forte vocazione tecnico-scientifica del Politecnico, è in corso un lavoro di virtualizzazione a partire da un processo di reverse engineering per studiare e rielaborare il capo stesso e arrivare alla creazione di un suo gemello digitale.

Sede Centro di Ricerca Gianfranco Ferré, Politecnico di Milano, Courtesy of Centro di Ricerca Gianfranco Ferré, Politecnico di Milano.

In che modo gli Archivi di moda possono essere utilizzati per promuovere la cultura e la conoscenza della moda? Per prima cosa, l’organizzazione di mostre è sicuramente un modo per offrire ai visitatori l’opportunità di esplorare la storia della moda, scoprire nuove tendenze e comprendere l’evoluzione degli stili nel corso del tempo. All’interno di queste stesse mostre, il materiale storico degli archivi consente e incoraggia anche l’organizzazione di programmi educativi, workshop e corsi rivolti a studenti di moda e non solo. Grazie agli archivi di moda, diventa possibile organizzare eventi, conferenze e panel di discussione rivolti agli esperti del settore, al fine di creare una rete di addetti ai lavori e generare un patrimonio condiviso di conoscenza sull’ambito. Per una fruizione a distanza, inoltre, gli archivi di moda digitalizzati rappresentano uno strumento interessante per promuovere una conoscenza più globale e inclusiva della cultura tessile, anche attraverso pubblicazioni cartacee e shooting fotografici. Ultimo, ma non meno importante, i materiali negli archivi di moda rappresentano una fonte ricca per la ricerca accademica e la pubblicazione di libri, articoli scientifici e altri tipi di progetti. In sintesi, gli archivi di moda sono una risorsa preziosa che può essere utilizzata in modo creativo ed educativo per una pedagogia della moda sicuramente più accessibile e coinvolgente.

Oggi si parla tanto di moda sostenibile, di riciclo, di vintage; non sarebbe ideale per i grandi brand di fama internazionale aprire i propri archivi al pubblico sulle piattaforme social? Sì, l’apertura degli archivi di moda dei grandi brand al pubblico attraverso piattaforme social potrebbe essere una strategia interessante per diversi motivi. Prima di tutto, può aiutare il fruitore a sviluppare una propria coscienza sul mondo della moda, responsabilizzandolo sulle future scelte di acquisto. Per esempio, se vengo sensibilizzato alla storia di un marchio e alla relativa cura e scelta delle materie prime, diventerò un consumatore più consapevole che tende a premiare aziende capaci di lavorare sulla qualità dei propri prodotti. Inoltre, dimostrando la storia della circolarità delle tendenze e promuovendo il vintage, si riduce la domanda di nuovi prodotti, andando a prolungare la vita degli articoli esistenti. Affrontare il problema del fast fashion richiede sicuramente un impegno collettivo da parte di tutti, ma gli archivi possono alimentare cambiamenti nelle abitudini di consumo e di produzione per creare un’industria della moda più sostenibile e responsabile.

Quali consigli ti sentiresti di dare alla nuova generazione che vorrebbe intraprendere la tua stessa carriera all’interno degli archivi? Il mondo degli archivi, e della moda in generale, può essere allo stesso tempo stimolante e scoraggiante. Gli investimenti che i brand dedicano agli archivi sono spesso molto più limitati rispetto ad altre attività di comunicazione, e i team dedicati sono ridotti. Lo stesso vale per i musei. Essere a diretto contatto con la “magia” della storia della moda sembra essere un privilegio per pochissimi. Per questo, le persone che aspirano a queste posizioni devono essere spesso molto preparate e specializzate. Il consiglio che dò è di credere fortemente in questo sogno e di portarlo avanti con tanto impegno e serietà. La formazione è importante, ma le esperienze pratiche sono altrettanto fondamentali!

Ringraziamo Valentina per aver speso il suo tempo con noi e aver dato delle risposte non indifferenti a questioni spesso irrisolte sul misterioso e magico mondo degli archivi. Il nostro intento è proprio quello di dare spazio a professionisti del settore come Valentina, per generare interesse e buona informazione a giovani studenti, a designer del futuro ed anche ai consumatori del presente. Essere curiosi, informarsi e confrontarsi sono i tre verbi cardine della politica di ALL in.

Un grazie speciale a voi lettori,

Susanna

Archivio advertising Centro di Ricerca Gianfranco Ferré, Politecnico di Milano, Courtesy of Centro di Ricerca Gianfranco Ferré, Politecnico di Milano.
Archivio disegni Centro di Ricerca Gianfranco Ferré, Politecnico di Milano, Courtesy of Centro di Ricerca Gianfranco Ferré, Politecnico di Milano.
Sede Centro di Ricerca Gianfranco Ferré, Politecnico di Milano, Courtesy of Centro di Ricerca Gianfranco Ferré, Politecnico di Milano.

Selezione di abiti dell’archivio del Centro di Ricerca Gianfranco Ferré, Politecnico di Milano, Courtesy of Centro di Ricerca Gianfranco Ferré, Politecnico di Milano.
Selezione di bijoux dell’archivio del Centro di Ricerca Gianfranco Ferré, Politecnico di Milano. Courtesy of Centro di Ricerca Gianfranco Ferré, Politecnico di Milano.

Grazie a Valentina Cognini

Grazie al Centro di Ricerca Gianfranco Ferré

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