the beauty of the brut

La nozione di bruttezza ha subito nel tempo molte trasformazioni, passando da una condanna sociale a una vera e propria celebrazione estetica. Per secoli, la bellezza è stata intesa come la misura della perfezione, un concetto spesso filtrato attraverso ideali politici e culturali che riflettevano i valori di chi deteneva il potere.
Vogliamo sfidare tali convenzioni poiché questi criteri estetici “classici” impongono uno standard uniforme, senza tenere conto della complessità della natura umana, delle sue contraddizioni e delle sue diversità. Nietzsche, nel Crepuscolo degli idoli, ha scritto che l’uomo si rispecchia nel bello, che diventa la norma della perfezione e l’oggetto della sua adorazione. Al contrario, il brutto è visto come la manifestazione di un decadimento fisico e morale, un sintomo di stanchezza, di esaurimento. L’idea del brutto come contrario del bello è, dunque, sempre stata un riflesso dei valori di una società che tende a stigmatizzare ciò che non è conforme. Eppure, con il passare del tempo, la bruttezza è diventata qualcosa di più complesso, un concetto sfaccettato che ha trovato spazio nell’arte e nelle subculture, di cui vogliamo parlare.
Il punk, il camp, il kitsch, il trash, che una volta erano semplicemente sinonimi di strano, pazzo, brutto e malato, oggi sono tutti esempi di estetiche che associate alla “bruttezza” sono visti come espressioni vitali e dirompenti. Questi movimenti hanno rotto con il concetto di bellezza tradizionale, rivendicando la propria esistenza al di fuori degli schemi e aprendo nuovi orizzonti di significato.

L’Art Brut di Jean Dubuffet è uno degli esempi più significativi di questa rivisitazione della bruttezza. In quanto, non cerca la bellezza convenzionale, ma trae la sua forza dalla spontaneità e dall’autenticità, distaccandosi dalle forme estetiche tradizionali. Questo approccio evidenzia il potere dell’arte di esprimere l’invisibile, il non conformista, l’insolito, portando alla luce aspetti della realtà che sono solitamente emarginati o ignorati.
Se per alcuni il brutto è sempre stato sinonimo di degrado, per noi è un linguaggio alternativo, capace di esprimere emozioni e realtà che non trovano posto nella convenzionalità. La bruttezza può essere liberatoria, può sfidare il pubblico a riconsiderare il proprio giudizio estetico, e può anche essere fonte di un piacere paradossale. L’androgino, per esempio, è una delle figure emblematiche di questa estetica che gioca con la fusione di tratti maschili e femminili, creando un’attrazione che sfida le categorie tradizionali del sesso e della bellezza.
Per noi la bruttezza non è un concetto da respingere, piuttosto un terreno fertile per la sperimentazione e l’espressione artistica.
Le sue manifestazioni, dalla performance art al cinema, dalla moda all’arte visiva, ci invitano a esplorare ciò che normalmente rifiutiamo o ignoriamo. Vogliamo che sia una dichiarazione di individualità, di diversità e di resistenza contro i canoni esterni che vogliono omologarci. In questo senso, l’arte della bruttezza deve essere considerata una sottocultura potente, capace di ridefinire i parametri estetici e di spingere oltre i limiti della percezione comune.

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Siamo pronti ad accogliere ogni vostra interpretazione di una banale bruttezza umana, invitandovi a condividere visioni, riflessioni e creazioni che esplorino l’estetica della bruttezza in tutte le sue sfumature, da quella provocatoria a quella più sottile. Che sia attraverso la fotografia, la scrittura, la grafica o il video, vogliamo dar vita a un dialogo artistico che sfida e rielabora le convenzioni.
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- Credit team: PHOTO / ART DIRECTION / STYLING / MODEL / MAKE UP / HAIR / LOCATION / etc. etc.
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- concept in 3/5 frasi
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- Minimo 300 dpi
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- profilo colore sRGB
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ALL in mag