E FORSE QUALCUNO IN PIÙ

di federica lo cascio

Il calendario moda di quest’anno è pieno zeppo di nomi noti e indie darling, ma – come sempre – abbiamo deciso di seguire solo chi merita davvero un po’ di spotlight. Spoiler: abbiamo detto cinque, ma potremmo barare. Sono troppi i giovani che si meritano di stare in questo settore (e magari anche un po’ di finanziamenti pubblici, eh).

GIUSEPPE DI MORABITO – Uno show a 360° (letteralmente)

Dietro a una collezione c’è sempre tanto lavoro, ma solo quando parli con Giuseppe Di Morabito capisci davvero cosa significa. Calabrese di origine ma decisamente outsider per attitudine, Giuseppe ha un modo tutto suo di affrontare la moda – e anche le interviste. L’abbiamo visto durante un talk e quello che ci ha colpito è stata la sua disinvoltura nel raccontare esperienze personali, anche traumatiche, che poi si trasformano in arte, tessuto e performance.

Nel suo ultimo show (attenzione, non chiamiamola “sfilata”, che si offende), Giuseppe mescola passato e futuro con ricami ispirati alla madre, bustier-scultura con rose in porcellana, fili fatti di cristalli di sale e pezzi cuciti a mano nel suo atelier nelle Marche. Il mito di Icaro si intreccia con l’intelligenza artificiale – sì, ha usato l’AI per creare la musica dello show – e il risultato è un viaggio emozionale in cui il corpo è il protagonista visibile, ma l’anima è quella vera.

CAVIA – Il nostro bambino interiore con il guardaroba giusto

Martina di Cavia è quella persona che ogni volta che la incontri ti mette il buonumore (e mi ha promesso un aperitivo, per la cronaca). Ma torniamo a noi. La sua presentazione è stata un inno al “giocare a fare la capanna in spiaggia” – sì, proprio quella cosa che facevi da piccolo con teli, legnetti e sabbia quando stavi al mare. Una nostalgia calda che si traduce in capi soffici, colorati fuori ma coccolosi dentro. Come dire: fuori arcobaleno, dentro coperta della nonna.

Un tocco psicologico? Sì, perché il rifugio che crea è quello spazio mentale (e tessile) dove ci sentiamo protetti, liberi, al sicuro come nella pancia della mamma. Pezzo cult? La borsa a forma di pesciolino. Martina, la voglio. Subito.

FEDERICO CINA – Sottovoce, ma con stile

Se con Di Morabito si corre tra passato e futuro, con Federico Cina il tempo si ferma. La Fondazione Sozzani si è trasformata in un paesaggio di carta, silenzioso, fatto di oggetti e respiri. “Sottovoce” è il titolo della collezione, ma anche l’attitudine: qui la moda non urla, sussurra.

Ogni dettaglio è un piccolo gesto quotidiano visto con occhi nuovi: una camicia stesa al vento, una tovaglia che danza. È poesia domestica. Ma c’è anche sostanza: nasce qui la borsa Via Emilia, con la sua lunga zip che richiama il tragitto della strada omonima. Un omaggio a Ghirri, alla memoria, alla lentezza. Forse per andare avanti bisogna saper tornare indietro.

LORENZO SEGHEZZI – Il debutto queer che mancava

Un altro debutto che vale la pena raccontare è quello di Lorenzo Seghezzi. La sua collezione è una dichiarazione d’amore alla sua vera casa: la comunità LGBTQ+, e in particolare quella che anima la nightlife milanese. Lo scorso anno ci aveva raccontato il mix tra la sua famiglia biologica del Sud e quella scelta a Milano. Ora ci va più a fondo, esplorando con affetto (ma anche occhio critico) ciò che questa realtà gli ha dato – e tolto.

La collezione è quasi un’autopsia emotiva della scena clubbing, trasformata in capi e visioni. Il casting? Icone vere della notte. Nessuna modella da showroom, ma persone vere, carne viva, comunità. Una sfilata che è un atto d’amore, ma anche di rivendicazione. Applausi veri.

MANTÙ – Terra, materia e zero urla

In mezzo a tanto rumore, MANTÙ sceglie il silenzio elegante. Nessun ghirigoro inutile, ma una ricerca concreta su forma e tessuto. Il brand porta in passerella un minimalismo destrutturato, ma mai freddo: linee trapezoidali, rouches leggere, petali in tessuti metallizzati, cotoni stropicciati e colori caldi come cioccolato e panna.

Il top? Gli abiti in ramié, una fibra sostenibile chiamata anche “la seta del lino”. Al centro c’è una donna che non si lascia etichettare: forte, fluida, materica. Letteralmente fatta di sostanza.

TL;DR?

Moda vera, emozionale, con messaggi forti (ma sussurrati), colori e corpo al centro. Meno apparenza, più sostanza. E no, non ci bastano cinque nomi, ce ne sarebbero molti di più. Ma questi sono quelli che, almeno per ora, vale davvero la pena tenere d’occhio.


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