il mondo segreto dello stilista
intervista a cura di francesca berteotti
Quando l’autenticità sta alla base del lavoro di una persona, il risultato è immediato e ti colpisce con la sua verità e unicità. Se aggiungi sentimento, umanità e legami, questo non solo ti tocca, ma travolge e conquista. Qualche mese fa, dopo aver esplorato la sua ultima collezione, abbiamo dialogato con Massimo Alba per scoprire come, dopo vent’anni, il desiderio di sincerità rimanga il motore creativo del suo brand, tra valori intimi e talismani.
Massimo Alba è ormai un brand ben radicato all’interno del panorama della moda contemporanea. Quali sono gli aspetti principali che ti distinguono rispetto agli altri? Credo che la nostra forza risieda nell’equilibrio tra tradizione, creatività e uno sguardo sempre aperto nei confronti di tutto ciò che mi piace. Ogni pezzo nasce da un dialogo sentimentale con il tessuto: lo esploriamo, ne lasciamo emergere le imperfezioni naturali e le esaltiamo come segno distintivo, unico. Il risultato è una collezione che esprime uno stile autentico e ricercato, lontano dai codici imposti dal marketing della moda contemporanea, e capace invece di accogliere l’imprevisto, la sfumatura, il dettaglio imperfetto.

Le giacche sono sicuramente un must del marchio, quest’anno rappresentate con interessanti novità quali il Bomber G e la giacca Chevrolet: se potessi lasciare un messaggio nascosto cucito all’interno di ogni giacca, cosa direbbe? All’interno di ogni fodera cucirei un cuore rosso, con le iniziali del cliente ricamate al centro, proprio come ho fatto con il mio cappotto preferito. Vorrei ricordare a chi le indossa che ogni pezzo non è solo un capo, ma un compagno di viaggio: raccoglie memorie, accompagna i gesti quotidiani e si fa custode delle proprie esperienze.
Pensi siano proprio le giacche a essere il tuo “talismano creativo” o c’è un tessuto, un dettaglio o un altro capo che consideri tale? Il nostro vero talismano è il baby corduroy: quel vellutino a duemila righe che ritorna, stagione dopo stagione, su giacche, pantaloni, abiti. È una stoffa versatile, che accoglie il colore in mille sfumature, e che non solo addolcisce le linee del capo, ma anche l’attitudine di chi lo indossa. Non a caso è stato scelto persino da James Bond nell’ultimo film: un Bond più umano, vulnerabile, padre. Un eroe che finalmente si scopre mortale.






Come scegli le collaborazioni per i tuoi iconici fazzoletti? Cosa ti deve comunicare quel designer, fotografo, artista? Quando si tratta di fazzoletti, scegliamo amici, persone incontrate, anche grazie al caso, lungo la nostra strada. Artisti che condividono con noi una visione sentimentale, qualcosa di speciale. Collaboriamo tanto con nomi emergenti quanto con grandi firme e istituzioni culturali: quello che cerchiamo è sempre un’emozione. Mi piace spaziare tra fotografie, dipinti e mixed media. Per noi, ciò che conta davvero è la sinergia che si crea: è da lì che nasce tutto. Inoltre, le parole, per me, contano. E per questo, oltre alle collaborazioni artistiche, tengo che siano sempre presenti.

Hai mai avuto paura che la coerenza stilistica potesse diventare in qualche modo un limite? Come ti rinnovi restando fedele a te stesso? La coerenza è per me un punto di partenza fondamentale. Lo stile, la chiave di lettura del nostro brand, si costruisce su questa costanza. Per questo motivo, abbiamo scelto di legare ogni collezione ai nostri spazi, presentandola da sempre in Via Corsico 8, nel nostro showroom. Penso che il vero rischio sia tradire i valori che ho scelto. Mi rinnovo traducendo quei valori in nuovi materiali e accostamenti, talvolta più eclettici, ma sempre con il comfort emotivo al centro del progetto.
Autenticità è una parola che ricorre spesso nel tuo vocabolario: come cerchi di trasmetterla nei tuoi capi? Con trasparenza: dal rapporto diretto con i fornitori alle piccole imperfezioni volute. Non nascondiamo cuciture, non uniformiamo ogni sfumatura. Ogni capo deve mostrare la sua unicità, che nasce dalla materia prima e dal lavoro umano.
Qual è il tuo approccio al mercato del futuro? Credo fermamente in un modello di crescita sostenibile, dove la qualità prevale sulla quantità. Il nostro impegno è concentrato su relazioni dirette con i clienti, promuovendo esperienze di acquisto consapevoli, e su una comunicazione che dia voce a storie autentiche, lontana dalla logica della sovrapproduzione. Continuo a sognare, con passione, l’apertura di un nostro negozio a New York e a Parigi, due città che occupano un posto speciale nel mio cuore.
Oggi si parla tanto di sostenibilità, ma spesso è solo una parola usata in modo improprio. Il tuo lavoro invece sembra incarnare una forma di rispetto più profonda e silenziosa verso i materiali, le persone, il tempo. Come vivi questa “bontà d’animo” nel fare moda, e cosa pensi del greenwashing che dilaga ovunque, nella moda e non solo? La sostenibilità per me non è un’etichetta, ma un attitude: scegliere fornitori italiani, privilegiare cicli produttivi locali, e ridurre al minimo gli sprechi. Preferisco raccontare sempre con numeri concreti le mie scelte, senza slogan.

ALL in Magazine nasce dall’idea di scommettere l’intera posta in gioco per dare voce a persone e idee del mondo della moda e non solo, vuol dire scommettere su se stessi. Perché tu, quasi 20 anni fa, hai deciso di scommettere su questo brand? A distanza di anni, il motivo è lo stesso che ti porta a continuare ancora oggi? Ho scelto di scommettere su Massimo Alba perché credevo (e credo tuttora) nel valore di un gesto sentimentale che racconta una visione di uno stile disinvolto, personale, unico. Vent’anni dopo, quel desiderio di autenticità e di cura nei dettagli continua a muovermi: ogni collezione è una nuova occasione per confrontarmi con il desiderio che guida questo progetto.
Ci vediamo da Massimo Alba per la sua nuovissima presentazione della SS 2026 in via Corsico 8 domani sabato 21 giugno!

