il decollo di Domenico Orefice

di beatrice netti

Durante la Milano Fashion Week, tra sfilate e presentazioni, ce n’è stata una che ha lasciato davvero il segno: parliamo di Domenico Orefice.

Il designer ha scelto un sotterraneo per mostrare la sua nuova collezione FW25/26, un ambiente industriale e minimale che sembrava un garage illuminato ad arte. I capi esposti su un supporto metallico, gli accessori e le scarpe posati su un nastro trasportatore, proprio come quelli degli aeroporti, hanno reso l’esperienza ancora più immersiva. E non è un caso: Orefice ci ha raccontato che l’idea nasce proprio dall’aeroporto, da quel mix di attesa e movimento che si respira tra i gate. Il nome “A3 R3 CONCORDE” unisce due mondi: quello dell’arrampicata, con le sigle A3 e R3 che indicano il livello di difficoltà e rischio, e quello dell’aviazione, richiamando il leggendario aereo supersonico Concorde.


E così, tutto prende forma nei look: tasche enormi come quelle delle giacche da sicurezza, pantaloni larghi che sembrano fatti per viaggiare comodi, materiali tecnici che incontrano tessuti più morbidi. Il tutto in una palette che va dal nero al grigio, con qualche accenno di beige, a ricordare il freddo acciaio degli aeroporti. Un dettaglio che ci ha colpito? La capsule dedicata a Michael, il gatto di Domenico Orefice. Un piccolo omaggio che si distingue dal resto della collezione, più aperta a nuove varianti cromatiche.


Un altro punto di forza della collezione è la collaborazione con Grossi, brand fondato da un caro amico di Orefice, con cui ha condiviso gli anni dell’università. Tra i due c’è una stima reciproca che si riflette nella loro unione creativa: gli outfit in total denim portano la firma di Grossi, ma con forti richiami allo stile di Orefice, tra dettagli in pelle e lavorazioni invecchiate. Entrambi i loghi campeggiano sui capi, suggellando l’incontro tra le due visioni.

DOMENICO OREFICE in collaborazione con GROSSI


Un dettaglio interessante riguarda anche il branding: nella collezione di Domenico, ad esempio nei berretti, non compare più solo il logo, ma anche il nome per esteso, quasi a voler rafforzare ancora di più l’identità del brand.


L’installazione curata da Sara Francesca Ferroni ha reso il tutto ancora più suggestivo: il nastro trasportatore non era solo un elemento estetico, ma un vero e proprio racconto visivo. I pacchi che scorrevano su di esso contenevano le collezioni passate di Orefice, ognuna con una destinazione simbolica, a rappresentare un viaggio creativo in continua evoluzione. Insomma, questa presentazione non era solo una vetrina per la nuova collezione, ma un’esperienza che ha reso tangibile il concetto di viaggio, di movimento e di continua evoluzione. E se ci fosse bisogno di un segnale che Domenico Orefice sta decollando sul serio, direi che lo abbiamo appena visto.


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