Ai Weiwei per la prima volta a Bologna

di marina comerio

Palazzo Fava, a pochi passi dalla promenade cittadina, ospita la prima esposizione personale bolognese dell’artista e attivista cinese Ai Weiwei. Oltre cinquanta opere dislocate perfettamente nelle sale del palazzo accompagnano lo spettatore in un’alternanza di tematiche di estrema attualità tra libertà, giustizia, memoria e resilienza.

All’ingresso il visitatore è accolto dallo sguardo intenso dell’artista che, da un crudo bianco e nero, pone una domanda secca che dà poi il titolo a tutta la mostra, volendo indagare sulla sua stessa identità politica che da anni ormai fortemente stride con la Cina contemporanea. Questa sua lotta critica verrà poi raccontata attraverso le opere in esposizione, a volte velatamente, altre in maniera più esplicita ed irriverente, spingendo l’osservatore a mettere in discussione il proprio approccio ai governi, alle istituzioni e persino alla cultura stessa.

Grandi creature fantastiche di seta e bambù popolano i soffitti delle sale quasi staccandosi dagli affreschi preesistenti, prendendo vita, arrampicandosi per le scale del palazzo con la loro leggerezza e delicatezza che ci parla di ricordi d’infanzia fatti di disegni ed aquiloni.

Sulle pareti delle prime sale capolavori rinascimentali vengono minuziosamente riprodotti con mattoncini Lego anche se ironicamente reinterpretati, nascondendo significati di denuncia verso la società contemporanea.

File ordinate di cocci disseminati sul pavimento o in teche di vetro trasparente raccontano di episodi di repressione subiti da Ai per mano del governo cinese. I resti vogliono gridare una testimonianza di resilienza e di capacità di trasformare la distruzione in arte.

Mescolanze di oggetti di uso comune reinterpretati con materiali inusuali o, al contrario, oggetti antichi marchiati da brand commerciali, parlano di una globalizzazione inesorabile e di una mercificazione estrema, frutto di un consumismo che ormai ha contaminato a tal punto la massa da essere diventato quasi invisibile.

Un ultimo piano costituito da fotografie e filmati firmati dall’autore, concludono la mostra facendo luce sulla vita dell’artista tra lavoro e momenti più personali, tra il suo impegno politico e sociale e frammenti di realtà quotidiana. Un uomo Weiwei che certamente ha vissuto e vive il suo tempo mettendosi in prima linea in una tensione continua tra tradizione e sperimentazione, conservazione e distruzione. L’impegno e la costante ricerca della verità l’hanno portato ad essere un perseguitato politico senza mai però esimersi dall’esprimere idee complesse e provocatorie.

La mostra promossa da Fondazione Carisbo nell’ambito del progetto culturale Genus Bononiae, prodotta da Opera Laboratori in collaborazione con Galleria Continua e curata da Arturo Galansino, sarà visitabile fino al 4 Maggio 2025.


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