Cristina Falsone e Giacomo Arrigo
intervista a cura di federica lo cascio

Mi definisco attiva perché il mio impegno nella moda non è solo creativo, ma anche ideologico
Da siciliana intuisco bene le tue origini, data la radice del nome “canicattì-” ma forse non tutti sanno chi è Cristina Falsone, da dove nasce CANICATTIVA e come si sviluppa il brand, parlacene pure. C.: “Canicattiva” è nato inizialmente quasi per gioco come nickname, ma pian piano ha assunto un significato più profondo, diventando il nome del mio brand. Il termine nasce dalla mia città d’origine, Canicattì, in provincia di Agrigento e gioca con la parola ‘attiva’. Mi definisco attiva perché il mio impegno nella moda non è solo creativo, ma anche ideologico: difendo i miei principi attraverso il mio lavoro, sposando una moda etica e la difesa dei saperi artigianali. Durante i miei studi a Venezia, Torino e Bologna, ho spesso sentito il nome della mia città utilizzato con accezione negativa, come per descrivere un luogo lontano e sperduto. Ho voluto trasformare questa percezione, rendendola una forza positiva: Canicattì non è solo un punto geografico, ma il simbolo di un’identità creativa legata al mio luogo di nascita. Inoltre, aggiungo che per fare le cose bisogna essere un po’ cattivi!
Chi è Giacomo Arrigo? G.: Mi sono sempre chiesto come rispondere a questa domanda. Poiché ho notato che molte persone tendono a identificarsi con il lavoro che fanno, come se quello che fai per vivere e pagare le bollette potesse rappresentarti nel profondo. Mi definisco un sognatore, pieno di entusiasmo, che un giorno ha deciso di cambiare la sua vita e lo ha fatto mettendoci tanta energia e passione. Nel corso del tempo ho dovuto superare diversi ostacoli, che mi hanno permesso di crescere come persona e come artista. Nella continua ricerca di chi sono veramente e che tipo di messaggio voglio comunicare al mondo attraverso la mia visione, per essere il più vero possibile verso me stesso e gli altri.

Lasciai una vita ed un lavoro stabile, per gettarmi ad occhi chiusi in un mondo che mi ha da sempre appassionato, quello della fotografia.
Cosa ti ha portato a cambiare la tua vita da un giorno all’altro? G.: La mia carriera accademica ed i miei studi sono stati dettati più da una ricerca di stabilità economica che da un sentimento di passione per quello a cui mi sarei esposto professionalmente dopo gli studi in economia e un master in Finanza. Non ho mai sentito una stretta appartenenza verso quell’industria, ma non rinnego quegli anni poiché hanno creato in me un certo bagaglio di strutture e competenze che oggi mi permettono di gestire la mia attività da fotografo e filmmaker in maniera più consapevole. Ad ogni modo, quel mondo abbastanza pragmatico e strutturato creava una sorta di prigione per il mio spirito creativo, mi sentivo come se la mia vita non avesse più margine di evoluzione e che quello che facessi nel quotidiano non avesse più senso. Così decisi di prendere una delle decisioni più difficili della mia vita e di buttarmi in un vortice nuovo di libertà espressiva. Lasciai una vita ed un lavoro stabile, per gettarmi ad occhi chiusi in un mondo che mi ha da sempre appassionato, quello della fotografia. Oggi posso dire che è stata la migliore scelta della mia vita, una scelta che mi ha portato verso luoghi e persone che mai avrei potuto immaginare in passato e che mi arricchiscono di giorno in giorno.

Nella nostra ultima submission parliamo di legami, per cui mi viene naturale chiederti: che legame hai con la tua terra? C.: Il legame con la mia terra è fortissimo, è qualcosa che mi accompagna sempre. La Sicilia è dove affondano le mie radici, un luogo che mi ha formato con i suoi paesaggi, i colori e i valori di autenticità e resilienza. É anche una terra di contrasti, e da questi contrasti nasce la mia creatività: mescolo la tradizione ed i saperi artigianali di famiglia che mi legano in particolare con il mondo e la figura sartoriale di mia madre, che sono il mio passato ed il mio presente. Questo legame lo esprimo attraverso ogni pezzo, in cui cerco di portare un po’ di tutto ciò, raccontando le storie che mi appartengono.
E che legame hai, invece, con gli abiti? C.: Per me sono molto più che semplici cose da indossare: sono una forma di espressione, un mezzo per comunicare valori e identità in quanto ho sempre indossato gli abiti cuciti da mia madre, per ogni evento o occasione o per voglia di espressione, tanto da aver scelto di conseguire un dottorato di ricerca sul design del Made in Italia con focus sulla moda. Il mio approccio alla moda è strettamente legato alla sostenibilità. Credo fermamente che oggi sia necessario ripensare il modo in cui creiamo e consumiamo la moda, riducendo l’impatto ambientale e valorizzando l’artigianato locale. Sostenibilità significa anche rispetto per le persone che producono i capi, per i materiali che scegliamo e per l’ambiente che ci circonda. Non si tratta solo di tendenze, ma di un modo di esprimersi.
In che modo ti sei avvicinata al movimento Fashion Revolution Italia? C.: Mi sono avvicinata al Fashion Revolution durante la mia tesi di laurea magistrale allo Iuav di Venezia nel 2019 dal titolo Brandelli dove ho affrontato il tema della maglieria e dell’upcycling. Subito dopo sono stata selezionata da loro e dalla Fondazione Pistoletto per prendere parte con la collezione Brandelli alla mostra digitale ARTIVISM. Partecipai sentendo l’urgenza di far parte di un cambiamento più grande, che mettesse in discussione il sistema moda tradizionale e che puntasse ad un futuro etico e responsabile. Successivamente, sono stata invitata da Marina Sposafora, presidente di Fashion Revolution Italia, a partecipare all’evento di FASH REV LAB con altri designer come Florania e Tiziano Guardini e con Matteo Ward. Partecipare attivamente a questo movimento mi ha dato l’opportunità di condividere idee e capire quello che mi interessava del mondo della moda, ma anche sensibilizzare il pubblico su temi cruciali per il nostro settore.

Giacomo, perché hai voluto scattare gli abiti di CANICATTIVA? E come mai proprio in Sicilia (pur vivendo a Parigi, capitale della moda e dell’haute couture per eccellenza)? G.: Canicattiva è un brand che scoprii sui social qualche anno fa e che mi incuriosì molto. Cristina ed il suo spirito creativo e innovativo avevano un qualcosa che si distingueva dalla massa. Inoltre, era un periodo dove mi ero allontanato da diversi anni dalla Sicilia e, dunque, vedere storie di gente che rimane in questa terra difficile e che decide di creare qualcosa che la valorizzi mi ha sempre affascinato per il coraggio e la determinazione.
Parigi è una città incredibile per la fotografia e la moda, ma a volte ho l’impressione che tutto vada a mille, che non ci sia un attimo per respirare e fermarsi, per lasciare la propria mente libera di esprimere a pieno il proprio potenziale creativo. In questa collaborazione, sono andato alla riscoperta delle mie origini, alla scoperta di una lentezza propria della mia terra, di ciò che mi ha forgiato come persona e che mi ha influenzato per buona parte della mia vita. È stata fantastica l’idea di riconnettermi con il mio territorio, dopo anni di vita all’estero, facendolo con qualcuno che ha deciso di rimanerci, una sorta di cerchio di vita che mi ha riportato verso la fonte creativa che mi anima oggi.
Cosa ha legato questo team? Giacomo da un lato e Cristina dall’altro.
G.: Quando io e Cristina ci siamo incontrati per la prima volta per parlare di questo progetto, è stato come se ci fossimo sempre conosciuti. Dal primo instante ho capito che era una persona con cui poter condividere la stessa visione e gli stessi valori nella moda. Non abbiamo avuto bisogno di parlarne per lungo tempo e quando le ho presentato la direzione creativa che avevo in mente, ho subito visto i suoi occhi brillare e apportare nuove e interessanti idee al progetto stesso. Le comunicazioni e l’organizzazione nei giorni successivi sono state molto fluide, come anche la ricerca della modella che ci avrebbe aiutati a dare vita alla nostra visione artistica. Paola non era solo perfetta a livello estetico ma, anche grazie alla sua splendida energia e spontaneità, ha permesso di ottenere il risultato che volevamo.
C.: Sì, ci siamo trovati subito! Ricordo che quando mi ha contattata, io ero appena tornata da Napoli, ci siamo incontrati e subito capii che avevamo una visione simile sulla moda e sulla fotografia di moda. In particolare, sono stata colpita dalla sua sensibilità estetica, dai suoi colori e dalla scelta di cambiare la sua vita e seguire il suo sogno! Giacomo si è presentato in modo molto professionale, ma siamo entrati subito in confidenza e con il tempo penso che stiamo diventando buoni amici! Sarà forse la vicinanza alla Valle dei Templi ed al mar Mediterraneo? Entrambi condividiamo l’idea che la moda non debba essere solo estetica, ma debba trasmettere un messaggio forte e profondo. Il nostro progetto è nato da un confronto aperto, dove abbiamo unito le nostre competenze e sensibilità, riuscendo a creare un prodotto che parla di noi, delle nostre radici e dei nostri ideali. La collaborazione con Giacomo mi ha permesso di esplorare nuove dimensioni del territorio e della creatività, attraverso la fotografia e l’arte visiva. La scelta di scegliere ed unire Paola al nostro team ha reso reale e cool le nostre idee che si sono coronate in una bellissima giornata trascorsa nel capoluogo della nostra isola.

Credi che la moda possa ancora mandare messaggi e possa farlo tramite la fotografia?
C.: Assolutamente sì! La moda è uno strumento potentissimo per mandare messaggi e la fotografia è un veicolo perfetto per amplificarli. Nella società di oggi, visiva e digitale, la fotografia può catturare l’essenza di un concetto e trasmetterlo in modo immediato. Tramite la fotografia possiamo raccontare storie, denunciare ingiustizie, proporre modelli alternativi di bellezza e consumo. Credo fermamente che moda e fotografia insieme possano ancora essere un linguaggio universale capace di stimolare riflessioni profonde e creare un impatto sociale.
G.: Sono un fermo sostenitore del concetto che la moda e la fotografia messe assieme possano avere un enorme potere di influenza sulle persone, sul loro modo di consumare e vivere il pianeta. Penso che oggi abbiamo bisogno di focalizzarci di più sui messaggi che inviamo e sull’impatto che questi hanno sulle persone che li vedono. In un mondo sempre più inquinato da immagini di ogni tipo, la chiave sarebbe di dare più spazio a persone e progetti che hanno qualcosa di significativo da comunicare, in un mondo dove la sostenibilità, il riciclo e l’attenzione all’ambiente siano centrali nel messaggio che si intende inviare. Non possiamo semplicemente chiudere gli occhi e far finta che tutto funzioni perfettamente, ma abbiamo il dovere, in quanto attori di questa industria, di contribuire ad un mondo migliore, dove sostenibilità e rispetto della ciclicità siano principi fondamentali. Anche se il mondo della moda e della fotografia si stanno dirigendo verso queste tematiche, penso che siamo ancora lontani dal raggiungere livelli ottimali. Ma pian piano ci arriveremo, ne sono fiducioso.




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ig. canicattiva
ig. giacomo arrigo

