Chiara Paderi: fotografia e complessità umana
intervista a cura di federica romano
Chiara Paderi, diplomata all’Accademia di Belle Arti di Brera, ha un percorso artistico che si snoda tra varie esperienze culturali e formative. Dopo aver approfondito gli studi a Granada e New York, ha esposto in numerose collettive, tra cui Spirito Italiano e NICE di Paratissima, conquistando riconoscimenti in ambiti come il Combat Prize, il premio Fabbri e Lynx. La sua formazione e la sua esperienza hanno plasmato un linguaggio visivo unico, incisivo e carico di significato.
Oggi abbiamo il piacere di parlare con Chiara Paderi per scoprire di più sul suo percorso artistico e sul suo ultimo progetto, “Love me“, un’immersione nelle profondità dell’anima umana attraverso la lente della fotografia.
È interessante la sua visione attraverso la fotografia. Il suo modo di comunicare è autentico, immediato, istintivo e pratico. La narrazione, che richiama il mondo del cinema, è spontanea, d’impatto, emozionante, vera e realistica. Il racconto visivo si sviluppa attraverso gli scatti in modo naturale e spontaneo, alla Sofia Coppola ne “Il Giardino delle Vergini Suicide”, di cui riprende anche l’estetica visionaria e surrealista. Questo approccio crea un legame emotivo con lo spettatore, invitandolo a vedere il mondo attraverso i suoi occhi. La sua abilità di integrare esperienze culturali diverse in una visione coerente e personale rende il suo lavoro non solo affascinante, ma anche profondamente significativo.
Parlando con Chiara, in quanto Art Director, emerge anche il suo interesse a creare mini reel e contenuti unici anche di pochi minuti. Questo formato le consente di esprimere la sua visione artistica in modo dinamico e accessibile, raggiungendo un pubblico più ampio e diversificato.
Interessante il libro che ha realizzato, che non si propone di sensibilizzare direttamente sul tema trattato, ma piuttosto di comunicare in modo intimo e profondo con il lettore, fornendo un’opportunità di comprensione e connessione emotiva. Oltre a “Love me“, abbiamo parlato delle mostre che ha realizzato, tra cui l’ultima a Varese, INSIGHT Foto Festival. Chiara ha raccontato come l’arte contemporanea abbia ispirato le sue mostre. Un esempio è la serie “È stato così” composta da 24 pezzi, in stampa giclée su carta cotone, esposta per la prima volta a ATTO IV “Spirito Italiano” alla Fabbrica Borroni di Bollate. In questo progetto, Chiara gioca con le foto di famiglia e con la propria storia, scattando una seconda istantanea a proprio modo per fissare il ricordo e ricomporre un album personale, fermando il tempo in uno scatto (link).



Love me sembra esplorare tematiche universali attraverso narrazioni personali. Qual è il tuo intento nel condividere queste esperienze umane con il pubblico? Love me affronta una tematica estremamente intima: l’abuso. Per questo motivo, ho scelto di adottare un approccio non esplicito, ma di utilizzare nella narrazione il linguaggio della metafora. In un lavoro come questo è fondamentale consentire allo spettatore di poter interpretare i messaggi su diversi livelli. Inoltre, il libro non si propone di sensibilizzare direttamente sul tema, ma piuttosto di comunicare in modo intimo e profondo con il lettore fornendo un’opportunità di comprensione e connessione emotiva.
Come descriveresti il tuo approccio alla fotografia e il tuo processo creativo? Fotografare mi consente di catturare continuamente appunti visivi. La mia ricerca è incessante, ininterrotta, urgente. Viaggiare, vivere i luoghi in cui sono, osservare, “prendere” con uno scatto ciò che vedo, nel preciso modo in cui io l’ho visto, è essenziale. Lo faccio da sempre, ovunque. Quasi tutto ciò che produco si integra ed è strettamente connesso, così come le influenze culturali di cui mi chiedi, queste fanno ormai parte della mia “visione”.
Qual è il ruolo dell’ironia e del surrealismo nella tua opera? Come si integrano con i temi più profondi che esplori? Come ti dicevo, mi interessa il racconto onirico, enigmatico e disturbante, dove l’immagine diventa uno strumento per esplorare gli aspetti più bui della psiche umana e trasgredire le convenzioni narrative tradizionali. Cerco di creare una narrazione visiva coinvolgente e multisensoriale, che strapazza lo spettatore e lo trascina nella sua parte più buia, per poi riportarlo a galla con amara ironia.


Nel tuo lavoro, c’è un’atmosfera intensa ed evocativa che sembra suggerire esperienze vissute profondamente. Come riesci a trasmettere emozioni così complesse attraverso le tue immagini, senza necessariamente rivelare gli eventi specifici che le hanno ispirate? Credo nel potere trasformativo del racconto per immagini. È stato importante per me riuscire a tradurre il mio ricordo in immagini più alte, simboliche. Ho fatto in modo che ciò che non ricordavo o non potevo raccontare potesse essere espresso da immagini “altre” con un significato analogo e più ampio. Il mondo della giovinezza violata diventa fatto di dettagli, immagini di oggetti che racchiudono un vissuto che può essere solo immaginato, mai esplicito.



Guardando al futuro, quali sono le tue aspirazioni artistiche e i prossimi progetti che stai sviluppando? Il mio più grande desiderio ora è stampare questo libro con un editore. Alla fine di un lavoro così forte e coinvolgente è per me fondamentale potergli dare una forma finita e compiuta. Si tratta di un rituale simbolico per me necessario che avvenga in modo da poter cominciare un altro progetto, sapendo che questo – Love me – ha preso la sua strada ed è ora nelle mani di chi ha scelto di sfogliarlo.
In conclusione, Chiara Paderi continua a esplorare e ad esprimere la complessità umana attraverso la fotografia, offrendo una finestra sul suo mondo interiore e sulle sue esperienze uniche. Il suo progetto “Love me” è solo l’ultimo capitolo di un viaggio artistico ricco e in continua evoluzione, che promette di affascinare e ispirare chiunque abbia la fortuna di imbattersi nelle sue opere.
IG. chiara_paderi
WEB chiarapaderi.com
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