intervista a cura di giuliana folisi
Nicolò Guarraci, nato a Cremona classe 1979, si è diplomato presso l’ Istituto Tecnico Agrario “G. Raineri” di Piacenza, città in cui è cresciuto.
Sviluppa dall’adolescenza, la passione artistica per la pittura, la poesia, la recitazione e la street art. Per anni si è dedicato alla produzione di manufatti di artigianato creativo, ma la pittura diventa il suo personale modo per comunicare emozioni e accadimenti.
Durante il primo lock-down del 2020 matura la decisione di concentrarsi unicamente sull’arte pittorica e dopo una residenza artistica presso “La Kap – Casa di natura e arte” di Fontecchio (AQ), si trasferisce dal 2022 nel paese abruzzese, per continuare una produzione che si fa via via sempre più intensa.

Qual è stata la spinta che ti ha indotto a fare la scelta particolare di andare a vivere nel bosco? Nel 2022, prima di trasferirmi qui in Abruzzo, vivevo a Piacenza e desideravo tanto staccare dalla routine e dal caos cittadino. Poi si è verificata l’opportunità, nell’agosto dello stesso anno, di una residenza artistica qui a Fontecchio (AQ) e non mi sono fatto pregare, cogliendo l’occasione. Mi sono talmente innamorato di questo posto e del suo bosco che mi ci sono definitivamente trasferito nel maggio del 2023.
Cosa ti mancava di più della natura prima di viverci? E cosa invece è necessario portarsi dalla città per vivere serenamente nella natura? La natura è una cosa semplice: c’è pace, silenzio, tranquillità e si deve rispettarla: ecco, credo che se una persona non ami queste caratteristiche non apprezzerà mai la catarsi che ti arriva immergendoti costantemente in questo tipo di ambiente che, personalmente, ha proprio cambiato radicalmente il mio stile di vita.
Dalla città è meglio non portare nulla, qui è un paradiso e c’è tutto ciò che serve per una vita bucolica.
Quanto ha influito il terremoto dell’Aquila sulle tue opere? Non ero mai stato qui in Abruzzo e vedere ancora i segni tangibili del terremoto è davvero una sensazione forte. Il senso di ricostruzione materiale delle varie abitazioni combacia col mio modus operandi del “qui e ora”, nel mettermi in gioco impegnandomi al massimo per inseguire il mio sogno.



- BIZZARRO AMORE, 2023, COLORE ACRILICO , PASTELLO A, OLIO SU CARTONCINO, 70 x 100 CM
- RIMEDIO, 2023, COLORE ACRILICO , PASTELLO A OLIO E GESSETTO SU TELA, 100 x 142 CM
- SENZA PECCAT, 2022, COLORE ACRILICO , PASTELLO A OLIO , GRAFITE E GESSETTO SU CARTONCINO 50 x 70 CM
Fin da bambino disegno e dipingo costantemente. Considero i miei lavori un diario emozionale di vita: la pittura è diventa necessaria per delineare il punto nel mio percorso esistenziale. Come in una poesia muta, evolvo in percorsi di ricerca espressiva, sempre più cosciente che arte e vita siano la stessa cosa. Avere una formazione da autodidatta, mi permette di essere immediato nell’esecuzione, abolendo ogni gerarchia tra i linguaggi artistici, per rendere ogni lavoro unico e autonomo, in un mix tra attitudine punk, primordialità e caos esistenziale. Segni, colori e linee danno forma a scenari narrativi visionari, catapultando l’osservatore in un viaggio che diventa percezione di un’esperienza visiva sensoriale. Scegliere di utilizzare materiale di recupero come base per i miei lavori, mi rende ancor più consapevole che tutto cambia se abbiamo volontà, schiettezza e determinazione nell’approccio pittorico. Nelle mie opere, stati d’animo e sogni si fondono insieme in modo spontaneo e veritiero: non ho timore di mettermi a nudo per narrare il mio mondo ancestrale, puerile e onirico, dove ognuno si può rivedere, per ritrovarsi ancora bambino.
Nicolò Guarraci
Nel tuo statement hai dichiarato che fin da piccolo disegni e dipingi costantemente, oggi invece nelle tue opere quanto c’è del te bambino? Nelle mie opere c’è tanto di me bambino perché sono spontanee senza badare troppo alla forma ma alla sostanza e alla finalità. Risulto magari grezzo ma mi reputo puro come l’io bambino e chi è puro è divino ed è senza tempo.
Se un giorno dovessero scrivere di te, vorresti essere affiancato alla figura di Jean Dubuffet nell’ambito del movimento dell’art brut o alla pittura informale di Jackson Pollock? E invece, nel contemporaneo, come definiresti il tuo lavoro? Sono due grandi pittori, ma mi sento molto me stesso nella mia arte. Non copio nessuno e mi sento libero di esprimere i miei tratti così ancestrali, onirici e puerili consapevole che nel lavoro contemporaneo viene premiata l’originalità e l’energia che l’opera sprigiona davanti all’osservatore.
Provando ad essere il più sostenibile possibile, che materiali utilizzi per la realizzazione delle tue opere? Qui di materiale di recupero ce n’è in abbondanza. È meraviglioso poter dare una nuova vita a superfici che erano nulla. Ti senti ancora di più creatore di bellezza. Ho dipinto su porte e finestre in legno, polistirolo, pannelli di plastica, pezzi di frigorifero e ante di mobili, ovviamente tutti di recupero.
Credi nella sostenibilità all’interno del mondo artistico contemporaneo? L’arte ha sempre lanciato messaggi e in questo nostro pianeta, che noi spremiamo sempre più, il messaggio del recupero creativo è fondamentale perché mette in risalto la capacità dell’artista con un’etica che oramai è indispensabile nel nostro tempo.
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